Comune: Villafranca in Lunigiana
Telefono: 0585-816245
e.mail: info@istitutovalorizzazionecastelli.it
Destinazione d’uso: sede di mostre
Gestione: Comune di Villafranca in Lunigiana – Istituto Valorizzazione Castelli
Visitabile: si
Orari:
Il castello è attualmente chiuso
Servizi:
1 Sala Convegni, Capienza 50-60 PAX, Attrezzature: 1 videoproiettore, 1 microfono
Accessibilità:
ampio parcheggio per automobili e bus navette,
accessibilità condizionata per i diversamente abili
Storia:
A partire dal secolo scorso eruditi e storici locali collegano le origini del castello di Malgrate all’esistenza di un antico insediamento denominato Gragnana, situato nelle vicinanze di Malgrate e scomparso alcuni secoli or sono. Diversi elementi di carattere storico hanno fatto ipotizzare che il villaggio di Gragnana fosse sorto attorno ad un castello, il cui abbandono sarebbe da correlare alla nascita di quello di Malgrate. Si sarebbe quindi verificato uno spostamento della fortificazione seguito da un trasferimento del nucleo abitativo. Alcune testimonianze di questo evento si conserverebbero nelle fonti toponomastiche esaminate da Pietro Ferrari nel suo saggio: “ La chiesa di San Bartolomeo «de donnicato» vicino a Pontremoli, gli Adalberti e ele origini Obertenghe”: “[ il castello è] ora scomparso, ma ancora attestato, in epoca recente, dalla tradizione e dalla toponomastica, situato sopra l’attuale Malgrate”. In precedenza erano giunti ad analoghe ipotesi altri studiosi come il Branche ed il Novelli; quest’ultimo in una ricerca dattiloscritta, dal titolo “Compendio storico del feudo di Malgrate dall’anno 802 all’anno 1836”, ritiene certa l’esistenza del castello di Gragnana, situato in prossimità di una chiesa rurale che ancora oggi conserva il toponimo di Gragnana, a qualche centinaio di metri da Malgrate. Giulivo Ricci, nel saggio “Il castello e la chiesa di Gragnana ( Malgrate). Tradizioni, ipotesi, certezze”, compie una attenta analisi della documentazione esistente delineando un quadro complesso, dal quale emerge l’ipotesi storica della cappella intitolata a San Lorenzo. E’ infatti probabile che, come spesso documentato per altri insediamenti, dell’antico villaggio si sia conservala solo la cappella, mantenuta in vita dal culto religioso della popolazione che, trasferitasi a Malgrate, non ha perduto ancora oggi il legame affettivo con l’antica istituzione religiosa. La nascita del castello di Malgrate viene fatta risalire al secolo XIV in concomitanza con l’istituzione del feudo malaspiniano, che prende nome proprio dalla stessa località. Nel 1351 i cinque figli di Niccolò I Malaspina, marchese di Filattiera, dopo la morte del padre avvenuta attorno al 1339, si dividono il feudo. Ad Opinzio spetta Filattiera, a Giovanni Treschietto, a Franceschino Castiglione del Terziere, ad Antonio Bagnone e a Bernabò Malgrate. Il feudo sottoscritto nell’investitura imperiale fatta da Carlo IV nel 1355 e studiato da Eugenio Branchi nella sua “Storia della Lunigiana feudale” comprendeva all’epoca due terre murate, Malgrate e Filetto, quattro villaggi, Mocrone, Orturano, Irola e Gragnana, e due casali:Cunale e Casola. La dinastia di Bernabò si protrae per sette generazioni fin quando l’ultimo marchese, Cesare II, non avendo discendenza maschile e fortemente indebitato, vende il feudo, nel secondo decennio del secolo XVII, alla Camera Ducale di Milano. Come gli altri feudi malaspiniani della media Val di Magra, Malgrate attraversa un periodo di vicende turbolente nel corso del secolo XV, conteso tra il Ducato di Milano e la Repubblica fiorentina. I Malaspina di Malgrate cercano di conservare i diritti feudali ed i propri beni barcamenandosi tramite accordi politici, tra Firenze e Milano.
Le logiche politico militari messe in atto dalle due potenze per il controllo strategico della Lunigiana rendono ardua la sopravvivenza della autonomia politica del piccolo stato, i cui marchesi si affannano nel ricercare situazioni vantaggiose, infrangendo accordi e accomandigie. Così nel 1430 la Repubblica fiorentina, che aveva stipulato una accomandigia con i marchesi, accortasi di un tradimento fatto dagli stessi feudatari in favore del Ducato di Milano, occupa, con l’aiuto della popolazione, il feudo e il castello per tre anni.
Nel 1433 i Malaspina, dopo aver fatto atto di sottomissione nei confronti della Repubblica, ricevono nuovamente i diritti su Malgrate. Ripianate le vertenze con i Fiorentini gli stessi marchesi subiscono, circa dodici anni più tardi, nel 1442, un atto vendicativo da parte di Filippo Maria Visconti, narrato dal cronista di Malgrate Gio. Antonio da Faie: “ A dì 23 de hotobre veniante foe tolto e dorochato lo ramale e li marchexi da Margrà e fo el co(n)te Alvixe Dal V(er)me chi ghe lo fece i(n) volare a petizione del ducha”.
Dalla Camera di Milano il feudo viene venduto, nella prima metà del secolo XVII, alla nobile famiglia cremonese degli Ariberti, ai quali sono attribuibili consistenti rifacimenti.
Una bella veduta di A.Pasini, risalente al 1851, riproduce in una suggestiva inquadratura il castello poco prima dell’inizio del suo decadimento avvenuto attorno al 1860. La litografia evidenzia una struttura aggraziata, frutto di secolari trasformazioni architettoniche mirate ad adeguare l’antico castello medievale al mutare dei tempi.
Nella seconda metà del secolo XIX ha inizio l’abbandono della struttura, destinata a trasformarsi in un rudere e salvata dalla completa rovina solo alcuni anni addietro per opera della Soprintendenza ai B.A.A.A.e S. di Pisa. Restano oggi le imponenti vestigia attraverso le quali possiamo comprendere e rivivere la storia del piccolo feudo e del castello.
Una cortina muraria alta e slanciata, di epoca post-medievale e avente pianta trapezoidale, recinge il nucleo medievale di forma planimetrica rettangolare. Questo edificio interno presenta caratteri medievale di forma planimetrica rettangolare . Questo edificio interno presenta caratteri medievali e le murature ricordano le tecniche costruttive in uso nel secolo XIV. La forma architettonica consente di individuare nella struttura rettangolare una residenza la cui collocazione cronologica è compresa in un arco temporale abbastanza ampio, che investe tutto il secolo XIV, la fine del XIII e gli inizi del XV. Le feritoie sembrerebbero balestriere, il cui utilizzo ebbe massima diffusione in Lunigiana proprio nel secolo XIV. E’ riconoscibile nell’edificio una dimora feudale, analoga per funzione e struttura ad altre residenze malaspiniane, come il palazzo fatto erigere da Spinetta Malaspina a Verrucola, il palazzo di Castiglione del Terziere e quello di Giovagallo, oggi diroccato.
In aderenza al prospetto orientale si trova la torre cilindrica che, in perfetto stato di conservazione, mantiene intatta l’altezza originaria. Anche la torre presenta caratteri costruttivi medievali, come le riseghe di fondazione, che ci fanno ritenere che essa possa aver preceduto la costruzione del palazzo. L’altra torre, probabilmente risalente al secolo XIV, supera i 25 metri d’altezza ed al suo interno sono stati realizzati, non sappiamo quando, sei vani voltati sovrapposti. Appare verosimile l’ipotesi che vede risalire il palazzo al periodo in cui Bernabò Malaspina diviene marchese di Malgrate e prende possesso del feudo, nella metà del secolo XIV.
Interventi strutturali sul castello sono documentati verso la metà del Quattrocento quando un maestro lombardo, di nome Pietro Picheto, operante nella media Val di Magra, rafforza le difese del castello; a ricordare l’episodio è Giovanni Antonio Da Faie: “L’ano s(o)p(rascritt)o [1445] s’è fatto el barbachano d’entorno al castelo de Margrà e fecelo m(aestr)o Piero Pich(e)to Comasco.”. Interessante la figura di questo maestro comacino, che opera nei feudi malaspiniani della media Val di Magra. Infatti due anni prima, nel 1443, secondo lo stesso Da Faie, il Picheto è coinvolto nella costruzione della chiesa di Santa Maria di Bagnone.
E’ probabile che il barbacane sia stato realizzato in aderenza al nucleo centrale medievale, cinto nei secoli XVI-XVII dalla cortina trapezoidale. Al 1556 risale invece la costruzione della porta del borgo, fatta erigere dal marchese Giuseppe Malaspina il quale, con un nuovo corpo di fabbrica sovrastante la porta, collega il castello agli edifici che costituivano la cinta muraria del borgo. In questa struttura disposta su due piani, viene collocata nel 1642 la cappella nella parte più alta, per opera di Bartolomeo Ariberti: “ [il marchese Ariberti] … decorava infine la privata Cappella del suo Castello, dedicata a S.Celso martire, del corpo di questo santo e di molte altre sacre reliquie, di cui pure eragli stato largo donatore il ricordato Pontefice”. Gli Ariberti con il loro arrivo rimettono mano al borgo di Filetto e al Castello di Malgrate, tentando di adeguare o di trasformare in residenza l’antica struttura. Stefano Milano cita una descrizione del castello risalente al 1615 e redatta da un funzionario del gran duca Cosimo II: “…Castelo antico di commodo aspetto per di fuori, ma dentro di residenza non bella”. Risalirebbero infatti solo al 1648 la sopraelevazione del palazzo e la costruzione della copertura a padiglione. Un’altra descrizione di certo interesse per la storia del castello risale al 1672 ed è redatta dal comandante delle truppe del ducato di Milano Rodriogo Antonio de Guitana, che fu inviato dalla Camera Ducale per riprendere il castello occupato, dopo la morte dell’ultimo marchese Ariberti, dal nipote Camillo Stanga. La descrizione è stata pubblicata da Stefano Milano: “… vi è detto castello nell’eminente con suoi ponti levatoi e ritirate, molto forte per batteria di mano….nel quale vi sono anche le carceri, et un luogo che serve per archivio, dove si ripongono tutti gli instromenti rogati dalli notari… Il castello di Malgrate ha li suoi fondamenti radicati sopra l’eminenza di monticello, nella cima del quale eretto in quadrangolo longo con la porta della terra nel canto destro in faccia de’monti dove s’alza da braccia 20 e si slonga da braccia 24 in circa. Nell’angolo della medesima tondeggia un garittone alla parte sinistra… dalla parte destra porge una garitta che difende la cortina verso mezzogiorno et insieme batte la cortina che entra ne la Terra… La porta del Castello verso sera, che intrando la obliga a salire di sette gradini, all’estremità dei quali resta in detto castello diviso da un fossato di larghezza… restando dentro dell’acqua. Su l’estremità dei gradini della suddetta fossa s’appoggia il ponte levatore e sua porticella”.
Fortunatamente del castello si conserva una planimetria ottocentesca, risalente al 1852, contenente una dettagliata descrizione di tutti i vani. Come per altri castelli lunigianesi caduti in rovina, la documentazione cartacea è preziosa perché ci consente di riconoscere e ricostruire gli aspetti funzionali dell’impianto. Superato un ponticello in mattoni, costruito per attraversare un fossato un tempo pieno d’acqua, si aveva adito ad un atrio con colonnato, del quale sono ancora visibili i resti. Svoltando nell’atrio a destra, si accedeva ad una stanza con camino, dalla quale si entrava in due vani sovrastanti la porta del borgo. L’intero piano terra del nucleo centrale era coperto da strutture voltate e nelle due sale di sinistra – si trovavano le cantine, mentre nei vani di destra erano ricavate una grande cucina ed una dispensa. Antistante la torre si trovava una piccola corte con pozzo, dove erano collocate le scale che conducevano al primo piano. Vi era poi il piccolo vano del piano terra della torre, un tempo adoperato come carcere. I servizi igienici si avvalevano di due pozzi neri inglobati nella muratura del nucleo centrale e posti a fianco della torre cilindrica. Lo spazio compreso tra il nucleo centrale, il maschio e la cortina perimetrale è definito come “ terrapieno attorno al maschio del castello”. E’ probabile che il terrapieno abbia occultato il barbacane realizzato da Pietro Picheto e che la cortina muraria sia stata realizzata nel secolo XVII, datazione suggerita dalla forma delle feritoie e da una data incisa su di un cantonale, probabile termine dei lavori, recante l’anno 1676. L’ingresso principale al piano nobile avveniva da un corpo scala situato in prossimità dell’ingresso al castello, adornato al primo piano da una struttura loggiata, che serviva l’accesso all’oratorio e al piano nobile. All’interno del palazzo l’intero piano nobile era occupato da camere, mentre al secondo piano erano stati collocati in saloni, già in parte degradati nel periodo di compilazione della planimetria. Al terzo piano si trovavano poi alcuni vani, descritti dall’estensore del documento come parzialmente scoperti dal tetto.
Bibliografica:
Branchi E., Storia della Lunigiana feudale, Pistoia 1897-1898, vol. III, pp. 289-366.
Castelli di Lunigiana, Pontremoli, 1927, pp.27-28.
Milano S., Il castello di Malgrate: evoluzione delle strutture murate in rapporto allo sviluppo del borgo, in “Studi Lunigianesi”, anno VI-VII, (1976-77), pp.27-28.
Milano S., La valle del Bagnone, in Castelli e fortificazioni della provincia di Massa-Carrara, Massa, 1996, pp.75-116.
Ricci G., Il castello e la chiesa di Gragnana (Malgrate). Tradizioni, ipotesi, certezze, in “Studi Lunigianesi”, voll.6-7, (1976-1977), pp.7-23.